
Ai non esperti del Caravaggio, o comunque a chi non ne è appassionato, la notizia può dire poco e magari è passata inosservata, ma, per chi apprezza l'arte del grande lombardo, si tratta di un clamoroso scoop che deve essere salutato con esclamazioni di giubilo: dopo oltre 70 anni possiamo tornare a percepire i colori della prima versione del San Matteo e l'angelo, la pala d'altare realizzata dal Merisi (credo forse nel 1598 come saggio, in anticipo sulla commissione ufficiale del 1602) per la cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi a Roma e, dopo essere stata acquistata dal marchese Giustiniani, non si sa se a seguito di un rifiuto o di un ripensamento dell'autore, finita al museo di Berlino, dove è andata dispersa sotto le bombe nel 1945, e quindi conosciuta solo tramite fotografie in bianco e nero (o attraverso moderne ricostruzioni artificiali a computer o a pennello).
In un articolo appena pubblicato (si veda U. Fisher Pace, "The Burlington Magazine", n. 1.369, aprile 2017) viene infatti resa nota una tela (segnalata da F. Bousquet) trovata nella chiesa di Saint Martin a Pauillac, nei pressi di Bordeaux (Francia), che sembra veramente la tanto agognata copia del capolavoro smarrito, anche perché le due copie antiche ricordate dalle fonti, una di piccole dimensioni registrata nel 1627 nelle raccolte del cardinal del Monte e una del Régnier nel 1638 appartenente alla collezione Giustiniani (al momento non si può dire se collegabile o meno con quella appena scoperta) sono del pari andate perdute. Le cromie, nella sostanza, sono a mio avviso convincenti, sicché, seppure in via indiretta, finalmente possiamo rivedere un Caravaggio come lo avevano visto i suoi contemporanei.